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- 27.12.2010
I migliori auguri di un felice 2011!
“Siamo, ci sentiamo fuori luogo. Siamo spaesati, in senso sia metaforico che letterale. Non ci riconosciamo negli orizzonti (fisici e politici) che ci circondano…. Vediamo il disgregarsi dello Stato e la morte del pubblico interesse, lo svuotarsi delle istituzioni e la svendita dei beni pubblici, secondo un’economia di rapina pensata per gli amici degli amici. In un paese sempre più provinciale, non sappiamo più confrontarci con gli altri….
Siamo, ci sentiamo fuori luogo anche nelle nostre città, nel nostro paesaggio, ridotto a terreno di caccia per chi voglia farvi bottino.
Questi e mille altri disagi sono molto diffusi e condivisi. Eppure, ai più pare ancora fuori luogo esprimerli ad alta voce… Sopraffatti dalla complessità dei problemi, aspettiamo che qualcun altro se ne faccia carico, ma non vogliamo vedere che le vittime di questo rimando a ’qualcun altro’ siamo noi stessi; troppo spesso ci chiudiamo in un imbarazzato silenzio.
Per ’ripartire da capo’ occorre farlo collegialmente: i cittadini da cittadini (sforzandosi di capire il gergo degli specialisti), gli esperti usando al meglio le proprie competenze di settore, ma ricordandosi di essere prima di tutto cittadini, e che è loro dovere rispettare, se e in quanto professionisti, alti principi etici e deontologici.
Da un lato, costruttori e speculatori, in nome del loro profitto individuale spacciato come sviluppo, progresso, crescita, e coadiuvati da amministratori conniventi, utilizzano al massimo il potere riproduttivo delle loro imprese e inondano le città e le campagne di nuove costruzioni (la curva di crescita degli insediamenti non rispetta l’equilibrio con l’ambiente, ma lo spreme fino a superare la soglia di sostenibilità, per poi abbandonarlo al suo destino); dall’altro, i difensori del pubblico interesse, una ’specie’ che include i Costituenti e i cittadini delle associazioni ambientaliste, e orienta il pensiero e azione sul pubblico interesse ed il cui modello di crescita è basato sull’adattamento delle esigenze di sviluppo alla ’capacità portante’ dell’ambiente, sul mantenimento di un equilibrio di lungo periodo.
Dobbiamo capire che su questo terreno non si fanno compromessi, perché dura è la lotta fra il profitto dei predatori e l’interesse della comunità.
Dobbiamo saper recuperare il senso della nostra storia, ricordarci che l’Italia ha avuto un ruolo guida planetario nella storia e nelle strategie della tutela, e che lo ha meritato per la qualità della cultura della conservazione diffusa fra i cittadini di ogni parte del Paese e di ogni classe sociale.
Dobbiamo essere convinti che ’investire sul mattone’ con il ritmo che stiamo seguendo è dissennato. Che per farlo stiamo trascurando forme ben più produttive di investimento, chiudendoci nei parametri di una cultura arcaica che condanna l’economia del Paese alla marginalità e allo stallo.
Dobbiamo essere convinti (e convincere altri cittadini) che la qualità del paesaggio e dell’ambiente non è un lusso, ma una necessità. È un investimento sul nostro futuro… influenza direttamente la qualità della vita, la felicità degli individui e la ricchezza della vita comune.
Dobbiamo combattere la disintegrazione del paesaggio-ambiente-territorio, concretissimo spazio in cui viviamo, la sua trasformazione in astratta nuvola di parole, subito frantumata fra diverse discipline sorde l’una all’altra (dal diritto alla geografia, all’estetica, alla storia dell’arte, all’urbanistica), subito polverizzata in un’incomprensibile mappa di competenze amministrative, di attribuzioni e conflitti.
Dobbiamo battere il miserevole ma frequente contro argomento secondo cui la devastazione del paesaggio e dell’ambiente si farebbe non per il profitto di pochi, ma per mantenere o accrescere il livello dell’occupazione.
Dobbiamo facendo luogo per luogo mente locale, esser convinti (e convincere altri cittadini) che è possibile, anzi necessario e positivo, riconvertire la mano d’opera e l’attività delle imprese del settore reindirizzandole su filiere più lungimiranti, su investimenti più produttivi, come l’allevamento e l’agricoltura di qualità; come la riconversione o la riqualificazione delle strutture abitative in funzione del risparmio energetico; come il riutilizzo o in qualche caso, l’abbattimento delle architetture dismesse; come la messa in sicurezza di un territorio come il nostro, afflitto da frane, sismicità, inquinamento delle acque di falda, e cento altri problemi che minacciano ciascuno di noi e il benessere della nostra società.
Dobbiamo essere certi che gli incentivi pubblici vanno indirizzati su investimenti di tal fatta, e non sulla proliferazione dissennata del “mattone”, non sulle nuove invasioni dei territori con la scusa di una green economy male intesa e pretestuosa.
E dobbiamo sapere che tutto questo è possibile domani…
Dobbiamo generare e diffondere la coscienza non solo dei problemi, ma delle soluzioni possibili; dobbiamo farlo per noi stessi e per i nostri figli.
Cuore di questa azione dev’essere la convinzione, moralmente e giuridicamente fondata, che l’ambiente, il paesaggio e il territorio sono un bene comune, sul quale tutti abbiamo, individualmente e collettivamente, non solo un passivo diritto di fruizione, ma un attivo diritto-dovere di protezione e di difesa (Carta Costituzionale art. 1: «La sovranità appartiene al popolo».”
Salvatore Settis in “Paesaggio, Costituzione, Cemento”, ed. Einaudi 2010
Noi non pensiamo ancora in modo abbastanza decisivo l’essenza dell’agire. Si ritiene che l’agire sia solo il fatto di produrre effetti, la cui realtà è valutata in base alla loro utilità. L’essenza dell’agire invece è il portare a compimento [das Vollbringen]. Portare a compimento significa:sviluppare qualcosa nella pienezza della sua essenza, accompagnare in questa pienezza, “producere”. Dunque può essere portato a compimento in senso proprio solo ciò che già è; ma ciò che prima di tutto “è”, è l’Essere.
M.Heidegger da una conferenza tenuta il 5 agosto 1951, dal titolo Costruire abitare pensare.